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10 Mar 2017 [18:30]

1934-2017 - Addio a John Surtees
vera leggenda del motorsport

Stefano Semeraro

John Surtees, una delle grandi leggende del mondo delle corse, l'unico pilota nella storia capace di vincere un titolo iridato sia in F.1 sia in sella ad una moto, è morto all'età di 83 anni. Nato a Tatsfield, nel Surrey, nel 1964 l'inglese vinse il campionato di F.1 con la Ferrrari, con cui era entrato in contatto nel 1958, quasi per caso, durante la cena in occasione dello Sportsman Award. Allora Surtees passava da un titolo all'altro con le moto del Conte Agusta: nella 350 dal 58' al '60', nella 500 nel '56 e poi dal '58 al '60 per un totale di 7. Quel giorno al tavolo Surtees si ritrovo a fianco di Mike Hawthorn, campione del mondo con le rosse e lui stesso appassionato di moto da corsa. «Dovresti provare con le quattro ruote, John», gli disse. «Ma a me piacciono le moto», ribattè Surtees. «Sì, in effetti sono più facili...».

Fra i due fu messa in piedi anche una sfida, che però purtroppo non ebbe mai luogo, perché Hawthorn morì alcuni mesi dopo esseri ritirato dalle corse in un incidente stradale. Il seme però era stato gettato e Surtees lo fece fruttare per la prima volta nel 1960, quando prese parte, con una Lotus, al GP di Montecarlo. Quella volta si ritirò, ma si rifece in Gran Bretagna arrivando secondo. Nel '61 Enzo Ferrari gli offrì un sedile a Maranello, ma l'inglese riteneva di non essere ancora pronto, e per vederlo su una rossa bisognò attendere il 1962. Due anni dopo, con quattro GP vinti, arrivò il titolo iridato. In seguito passò alla Cooper, poi a Honda e BRM, fondando infine anche una sua scuderia con la quale però non ebbe fortuna e che come piloti schierò anche Vittorio Brambilla e Andrea de Adamich.

La sua carriera in F.1 ha occupato più di un decennio (1960-'72) con un totale di 111 partenze, 6 Gp vinti, 8 pole position e 24 podi. La sua vita è stata segnata da un lutto gravissimo: suo figlio Henry, pilota anche lui, morì in gara a Brands Hatch nel 2009, colpito al capo da una ruota al volante di una Formula 2. Big John però non si era perso d'animo. Ha seguito fino all'ultimo le gare e si occupava di una fondazione benefica, solo una crisi respiratoria per cui era stato ricoverato qualche giorno è riuscita a spezzare la tempra di acciaio di uno dei 'cavalieri del rischio' di un'epoca luminosa e crudele che sembrava indistruttibile e immortale.
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