Michele Montesano
A volte ci si sofferma solamente al risultato finale, senza domandarsi il lavoro che c’è dietro per raggiungere tale obiettivo. Succede sia nella vita di tutti i giorni, ma anche in un ambiente competitivo come solo il Motorsport può essere. Dalla progettazione alla gestione in pista di una vettura nulla può essere lasciato al caso. Se il lavoro in fabbrica è spesso misterioso e ben celato, molte volte anche le figure che si aggirano nei box ricoprono ruoli che, per la maggior parte delle persone, sono oscuri.
Il tempo in cui bastava un manipolo di uomini per affrontare una gara o addirittura un’intera stagione è ormai un semplice ricordo del passato. Oggi per vincere serve una perfetta organizzazione, conoscenza della categoria e della vettura. In un contesto così competitivo c’è una realtà orgogliosamente italiana che sta prendendo sempre più piede nei paddock di tutto il mondo. Si tratta di NOPE Engineering, una vera e propria squadra di ingegneri e tecnici altamente specializzati in grado di coprire a 360 gradi ogni sfaccettatura del Motorsport e non solo.
A illustraci questa realtà è uno dei suoi fondatori, Fabio Magnani. Conosciuto al grande pubblico come la voce tecnica di Eurosport per quanto riguarda le principali competizioni automobilistiche, spaziando dal FIA WEC al Turismo fino alla Formula E, Magnani può vantare oltre 15 anni di esperienza internazionale sui circuiti di tutto il mondo e nelle più disparate categorie del Motorsport. Conoscenze che, unite a quelle degli altri tre soci fondatori, ha portato a realizzare il progetto NOPE Engineering.
Quando nasce NOPE Engineering e qual è stata la scintilla iniziale che vi ha portato a fondare questa realtà?
“NOPE Engineering nasce a cavallo dell’era Covid. Io, insieme a Maurizio Soro, Erik Turlejski e Matteo Limongelli, collaboravo con un’altra azienda e, in quel periodo, non c’era più una visione comune su alcuni progetti. A quel punto ci siamo detti: ‘perché non provarci e fare qualcosa di diverso’. Da lì è nata NOPE, ufficialmente a luglio 2022. Il nome deriva semplicemente dal “no” inglese: dove gli altri dicono no, noi ci proviamo”.
Chi è stato il primo cliente a credere nel progetto NOPE Engineering?
“Sicuramente Autotecnica Motori e PB Racing in parallelo. In entrambi i casi una collaborazione nata come consulenza da freelance che poi si è trasformata in qualcosa di più strutturato”.
Può spiegarci meglio?
“Con PB Racing, ci siamo occupati di tutto l’impianto elettrico e acquisizione dati dell’Exige Cup PB-R. Parallelamente, per quel che riguarda invece Autotecnica Motori, conoscevamo da diversi anni l’ingegner Giovanni Delfino, amministratore delegato di quello che oggi è Korus Group, da febbraio 2023 infatti il nostro ufficio principale è proprio all’interno della sede Tatuus Racing di Lainate. Non facciamo parte del gruppo, siamo una società esterna, ma una buona parte del nostro impegno è dedicata alle aziende del gruppo, come la stessa Tatuus e Autotecnica Motori appunto. È proprio grazie alla possibilità di essere inseriti fisicamente in questo contesto che stiamo ulteriormente crescendo e potenziando le nostre skiils. Non possiamo che ringraziare nuovamente Delfino per questa opportunità”.
In parallelo avete ampliato rapidamente il ventaglio di collaborazioni. Su quali ambiti vi state muovendo oggi?
“Abbiamo collaborato anche con YCOM negli ultimi due anni, così come con altre realtà di cui – per motivi di NDA – non posso citare pubblicamente. In generale il nostro ventaglio di collaborazioni si estende a tutto il mondo del motorsport, ma stiamo iniziando a mettere un piedino anche nell’automotive”.
Su cosa state lavorando in ambito automotive?
“Il progetto Grassi 044S è una supercar road legal, commissionata dalla Scuderia Grassi di Milano. È un progetto partito dal classico foglio bianco: in queste settimane stiamo definendo gli ultimi dettagli lato CAD mentre è già partita in parallelo la progettazione e definizione di tutta la parte sistemi ed elettronica. Oltre alla progettazione di telaio, sospensioni e tanto altro, ci occupiamo anche della parte omologativa come Individual Vehicle Approval secondo tutte le normative vigenti. È un progetto ambizioso che ci porta fuori dal motorsport, ma che sfrutta competenze molto simili e che abbiamo abbracciato con entusiasmo”.
Entrando più nel dettaglio, di cosa vi occupate concretamente con i vostri partner nel motorsport?
“Con Tatuus, ad esempio, abbiamo preso in mano la realizzazione di alcune parti legate all’elettronica della vettura, dalla sensoristica ai cablaggi più complessi. Abbiamo contribuito anche ad alcuni progetti specifici di Autotecnica Motori. Nel contempo si è rafforzata molto la partnership in pista con il team Kessel Racing di cui supportiamo tecnicamente tutti i programmi: dal Ferrari Challenge alla European Le Mans Series. Siamo stati presenti anche alla 24 Ore di Le Mans, oltre alla Le Mans Cup. Quest’anno abbiamo debuttato anche nel GT4 European Series con il TeamFloral gestendo la loro Mustang GT4, oltre a essere di supporto tecnicamente ad altri programmi dove, anche qui, non posso dire di più”.
Coprite quasi a 360 gradi l’intero spettro del Motorsport, dal CAD alla simulazione cinematica, strutturale e fluidodinamica. Come è organizzata internamente la struttura per gestire tutto questo?
“Siamo quattro fondatori e ciascuno di noi ha preso in carico un’area specifica. Soro è responsabile della parte systems ed elettronica, Turlejski gestisce tutto il supporto in pista e le risorse impegnate nei weekend di gara unitamente alla parte R&D; Limongelli è a capo dell’ufficio tecnico, quindi progettazione CAD, simulazioni aerodinamiche e strutturali. Io mi occupo della parte amministrativa, commerciale, marketing e gioco forza ho visione su tutto, ma sono altresì impegnato in pista come Erik e Maurizio. Da fare non manca! Abbiamo tutti i software licenziati e siamo anche in grado di effettuare simulazioni strutturali seguendo le direttive di omologazione FIA. Possiamo fare tante cose, la vera sfida è riuscire a gestirle tutte in modo efficace”.
Quanto incide la presenza in pista rispetto al lavoro svolto in sede?
“Quando si va in pista diventa inevitabilmente più complesso gestire tutto, perché non c’è solo la parte di ufficio ma anche quella operativa sul campo. Tuttavia siamo ben organizzati e uno dei nostri punti di forza è che, se manca uno di noi, un altro è in grado di coprire determinate attività, evitando che il workflow si interrompa”
A livello numerico, com’è composta oggi NOPE Engineering?
“Siamo quattro soci, a cui si aggiungono quattro persone che collaborano praticamente a tempo pieno in ufficio. Inoltre ci avvaliamo di diversi professionisti part-time, sia interni che esterni. Alcuni lavorano in esclusiva per noi su determinati programmi: quando vanno in pista operano come NOPE Engineering, anche se non fanno parte dello staff interno”.
Che tipo di profili tecnici sono oggi più strategici per voi?
“Nel nostro staff ci sono ingegneri meccanici, aerospaziali e dell’automazione, tutti coinvolti trasversalmente nei nostri progetti. Per quanto riguarda la parte system ed elettronica, invece, ci appoggiamo a istituti tecnici e professionali. Anche i ragazzi provenienti da queste scuole superiori hanno competenze che sono indispensabili per la dinamica del lavoro che stiamo attualmente svolgendo. Stiamo tutt’ora cercando risorse da integrare in diverse posizioni, è però realmente complesso trovarne di interessati, nonostante la nostra ricerca vada avanti da mesi e benché ci siano numerose possibilità. Altresì siamo certi di offrire un tipo di lavoro e ambiente stimolante”.
Avete costruito una rete solida anche con scuole e università. Che ruolo ha la formazione per NOPE Engineering?
“Collaboriamo con ITS Maker Academy di Modena, ospitiamo studenti per stage e, se c’è la possibilità, li integriamo successivamente. È accaduto già con un nostro ex collaboratore che poi recentemente è passato in Ferrari Formula 1. Abbiamo inoltre rapporti con l’Università di Pavia, grazie al Prof. Carlo Rottenbacher e con il Politecnico di Milano, in quest’ultimo caso sia attraverso il team Dynamis PRC di Formula SAE sia con il Motorcycle Factory ma abbiamo in corso contatti anche con altri atenei”.
Come avviene la formazione delle nuove risorse, soprattutto per il lavoro in pista?
“Le università forniscono un’ottima preparazione teorica, ma la pratica è un’altra cosa. Per diventare realmente autonomi sul campo servono almeno tre anni di esperienza, con circa 200 giorni di trasferte all’anno. Servono anche molte soft skills, perché spesso in pista siamo tecnici ma non solo, ci sono tante dinamiche da gestire anche lato organizzativo, manageriale, umane… Se ne abbiamo la possibilità di comune accordo con il team, cerchiamo sempre di affiancare una risorsa Junior a una delle nostre che ha più esperienza in un percorso di crescita (sia in pista che in ufficio) e responsabilità costante”.
Dal punto di vista del business, qual è oggi il servizio maggiormente richiesto dai clienti?
“Se guardiamo al 2025, che premetto essere un anno per certi versi atipico della nostra breve storia, il 40% circa del fatturato proviene dal track support. Il resto è suddiviso tra elettronica, cablaggi e sensoristica, con una parte sempre legata alla progettazione CAD e alle simulazioni che però derivano da progetti pluriennali”.
Che tipo di supporto ingegneristico fornite durante i weekend di gara?
“Disponiamo di un pool di race engineer che copre un ampio spettro di categorie, da quelle di base fino a professionisti con esperienza a Le Mans, Daytona e nel Mondiale Endurance. L’unica categoria che non abbiamo ancora coperto direttamente è la Formula 1, anche se Erik ha trascorso un paio d’anni in Mercedes a Brixworth”.
La simulazione è ormai una componente fondamentale nello sviluppo moderno. Che peso ha nel vostro lavoro quotidiano?
“La simulazione è diventata centrale sotto diversi aspetti. C’è quella driver-in-the-loop, ma anche tutta la simulazione tecnica: analisi cinematica delle sospensioni, configurazioni di assetto, rapporti del cambio e via dicendo. Lato aerodinamica ad esempio, quando i dati non sono disponibili, possiamo creare mappe aerodinamiche complete. Le vetture moderne, incluse le GT, sono estremamente sensibili: basta variare l’altezza di un millimetro per cambiare in modo significativo il comportamento della macchina”.
In che modo è cambiato il rapporto con i clienti passando da professionisti singoli a struttura organizzata?
“Oggi i clienti non cercano più solo la singola persona, ma la società nel suo insieme. Il valore aggiunto è il supporto che c’è dietro in ogni ambito, sia per l’ufficio tecnico che per il supporto in pista: se durante un weekend di gara c’è necessità di maggiore supporto, esiste una sovra struttura in grado di intervenire anche da remoto”.
Guardando all’evoluzione del motorsport, che cambiamenti ha osservato negli ultimi anni?
“Si va sempre più verso strutture di tipo aziendale. Una volta in otto persone si riusciva a fare un Mondiale Turismo; oggi non bastano per un campionato italiano di Formula 4. Non si lascia più nulla al caso, tutto è molto più strutturato”.
Qual è stata finora la sfida tecnica o organizzativa più complessa che avete affrontato?
“Ogni weekend è una sfida. Dalla progettazione dei cablaggi della nuova Formula Regional Tatuus T-326 fino alle grandi gare dell’Endurance, spesso ci si trova ad affrontare situazioni senza sapere esattamente cosa aspettarsi”.
Guardando al futuro, quali sono i principali programmi e obiettivi di NOPE Engineering?
“Per quanto riguarda il track support, stiamo definendo i programmi con Kessel: proseguiremo in European Le Mans Series, Asian Le Mans Series e probabilmente anche Ferrari Challenge e Le Mans Cup, così come con il TeamFloral nel GT4 Europeo. Chiaramente nel periodo invernale ci sono tanti contatti, vedremo cosa si concretizzerà da qui all’inizio della stagione europea. NOPE Engineering però non è solo motorsport attivo: stiamo lavorando su progetti molto diversi tra loro inclusi anche dei nostri prodotti, valutiamo tutte le opportunità e cerchiamo di non dire mai ‘no’, come da nostro claim. Se un progetto è fattibile, lo affrontiamo più che volentieri”.
