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8 Lug 2021 [8:43]

Adiós Lole, uomo di
silenzi e di rimpianti

Alfredo Filippone

Stavolta, non è retorica: con Carlos Alberto Reutemann se ne va davvero una grande figura, dell'automobilismo e della vita pubblica argentina, uno che è stato grande nell'epoca d'oro della Formula 1 e uno che ha saputo vivere un'altra vita, completamente diversa, dopo quella agonistica. Uno che lascia il segno anche per il carattere indecifrabile e misterioso, “tormentato e tormentoso” come disse Enzo Ferrari con un'espressione ormai consunta, ma azzeccata. Forse, per uno nato nel paese di Borges e del tango, il distacco e il rimpianto erano semplicemente una questione genetica...

Di rimpianti, nella vita de El Lole, l'uomo cui venne negato diventare campione del mondo di F1 e che non volle diventare Presidente della Repubblica argentina, ce ne sono tanti. Gli bruciava quello del titolo mancato per un soffio, in quella velenosa stagione 1981 alla Williams, quand'era all'apice della sua parabola, boicottato come fu, per non voler fare il secondo di Alan Jones, dalla sua stessa scuderia, che preferì che il titolo venisse quasi regalato a Nelson Piquet, all'ultima gara, per un punto.

Rimpianto eterno anche quello di non aver mai vinto il Gran Premio d'Argentina, andandoci vicinissimo nel 1974, primo anno con una macchina buona, la Brabham. Quel giorno, sulle tribune dell'Almirante Brown, erano stipati in duecentomila, con il Presidente Perón in testa, pronti ad incoronarlo come erede di Juan Manuel Fangio, destino che molti avevano già indovinato vedendolo correre giovanissimo sulle polverose strade del Turismo Carretera. Reutemann dominò e si avviava al successo ma nel corso della gara gli si era parzialmente staccata la presa d'aria del motore, rimasta sbilenca sul cupolone. Un inconveniente che non inficiò le prestazioni ma sì i consumi. Al penultimo giro la macchina si fermò, ammutolita, e con essa, il cuore dei duecentomila.

Corse per i team più importanti del decennio, Brabham, Ferrari (dove fu chiamato nel 1976 pochi giorni dopo l'incidente di Lauda), Lotus e Williams, e dunque per boss come Ecclestone, il Drake, Chapman e Williams, in un periodo sportivamente incandescente e politicamente agitato. Chissà quante cose aveva visto e sentito, ma non raccontò mai, almeno non del tutto.

Anche in politica, fece del silenzio il suo mantra, in un paese dove si parla, sparla e urla parecchio. Nella vita pubblica ce lo portò Carlos Menem, il peronista ultraliberale che fu presidente in uno dei pochi periodi economicamente felici (1989-99) della storia argentina recente. Menem gli offrì di fare il vice-presidente nel suo secondo mandato per poi essere il suo successore. Reutemann rifiutò, limitandosi a fare il governatore della sua provincia, Santa Fe, per due mandati, difendendo strenuamente gli interessi degli allevatori, e dunque, anche i suoi, avendo ereditato la florida azienda creata dal nonno, emigrato dalla Svizzera tedesca. Rifiutò di nuovo nel 2004, nonostante il 40% dei consensi che gli davano i sondaggi. I perionisti lo pregarono in tutti i modi di pensarci, di guardare alla cosa da vicino e lui, dopo un lungo tempo di riflessione, se ne uscì con una frase sibillina rimasta celebre: "C'ho guardato e quel che ho visto non mi è piaciuto". Non aggiungerà mai una virgola per spiegare il gran rifiuto. Si accontenterà di fare il senatore, dal 2003 sino ad oggi. Influente e con record di presenze, ma certamente poco loquace: 12 interventi in aula in 18 anni, lunghezza media, mezza cartella.

Del suo privato parlava ancora meno: mai una parola per rispondere ai furibondi attacchi pubblici dell'ex-moglie Mimicha, la compagna storica delle corse, che lo ha tormentato per vent'anni, alienandosi persino le figlie Cora a Marianna, rimaste vicine al padre sino alla fine, nè per commentare le seconde nozze con Veronica, più giovane di lui, conosciuta nei corridoi della politica. Tanto meno sugli acciacchi di salute e l'intervento a New York cinque anni fa per un tumore al fegato, inizio di un declino vissuto con grande riserbo.

El Lole sempre al suo posto e fedele a sè stesso, forte e muto come un sasso. Ci mancherà.
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