1 Apr 2004 [15:25]
INTERVISTA ESCLUSIVA A MAX PAPIS
Voglio essere il primo pilota
europeo a entrare nella Nascar
Max Papis sta iniziando una nuova avventura americana. A 33 anni, il pilota italiano, negli USA da ormai una decina di anni, si sta specializzando nelle gare di durata anche se un occhio alle monoposto continua sempre a rivolgerlo. Questa stagione Max corre nella Grand Am con una Riley-Lexus del team Ganassi e nella American Le Mans Series con la Chevrolet Corvette ufficiale, impegno limitato alle sole gare di lunga durata, con la quale ha vinto la 12 Ore di Sebring nella categoria GTS. Infine, Papis nutre una sincera speranza di poter partecipare alla 500 Miglia di Indianapolis con una G Force-Toyota del team Ganassi. Dal suo appartamento di Miami, in Florida, Max ha concesso a italiaracing questa intervista esclusiva a cuore aperto:
- Max, non corri con le monoposto, ma fai parte di un grande gruppo, quello della Chevrolet nel campionato Alms.
«Negli Stati Uniti la Corvette è un vero simbolo, un po' come da noi lo è la Ferrari. Sapevo che era un marchio importante, ma ora che appartengo a questo gruppo mi rendo conto ancora meglio della notorietà di cui gode. A Sebring il weekend è stato positivo, i miei compagni Fellows e O'Connell si sono dimostrati molto competitivi. Sapevo che avremmo lottato per la vittoria, ma sinceramente non mi aspettavo che fosse tutto così facile. La nostra Corvette ha puntato sulla costanza fin dal primo giorno di prove e non abbiamo mai sfruttato troppo la macchina. Questo alla fine ha fatto la differenza con l'altra Corvette ufficiale che ha avuto qualche problema lasciandoci il campo libero. E' stato però un peccato perché sia io sia Fellows e O'Connell eravamo mentalmente preparati a battagliare con i nostri compagni della Corvette numero 4 e questo non si è verificato. Sono rimasto anche impressionato dalla incredibile organizzazione della squadra. Del resto non poteva essere diversamente. La General Motors è uno dei più grandi gruppi automobilistici del mondo; basti pensare che nei progetti Corvette e Cadillac sono impiegate più di 500 persone. Ho visto che i meccanici e i tecnici hanno una notevole preparazione tecnica che avevo riscontrato soltanto nella Champ Car. Il bello di questo progetto è che loro disegnano la macchina poi la progettano pezzetto per pezzetto. Questo è bellissimo per me perché mi sento parte di un prodotto, di un meccanismo atto a sviluppare una vettura. Ora noi utilizziamo la C5-R, ma è pronta la C6 ed io sono coinvolto nel programma di test per farla crescere. Mi eccita molto questo progetto. Certo, è un peccato disputare due sole altre gare con loro. Dopo la vittoria nella 12 Ore di Sebring, sarò al via della 24 Ore di Le Mans e della Petit Le Mans di Road Atlanta che dura una decina di ore. Ma certo non potevo pretendere chissà che. Sono l'ultimo arrivato ed è già tanto essere coinvolto a questo livello. La Chevrolet aveva i suoi piloti ed io mi sono unito a loro sperando, un po' alla volta, di entrare nel meccanismo e di meritarmi la fiducia del gruppo per rimanere legato a loro per molto tempo».
- Poi c'è il campionato Grand Am dove stai recitando un ruolo da protagonista.
«Le macchine della Grand Am sono molto diverse da quelle della Alms e non sono entusiasmanti come la Corvette. La cosa che dà valore alla mia partecipazione a questo campionato è il fatto di lavorare con il team di Chip Ganassi, una squadra di alto livello. Un team che è presente anche nella Indycar e nella Nascar. La Riley-Lexus sarebbe perfetta se avesse un centinaio di cavalli in più e un'aerodinamica più spinta, però so bene che agli americani quello che interessa è lo spettacolo in pista e con queste vetture tutte sullo stesso livello il loro obiettivo è stato raggiunto. Un altro fatto importante che mi ha portato a scegliere la Grand Am è la famiglia France, proprietaria della categoria. I France sono i grandi organizzatori della Nascar e quindi sono una vera garanzia».
- Quanto ti mancano le monoposto con le quali ti sei costruito una solida carriera correndo nella Cart degli anni d'oro?
«Sì, le monoposto mi mancano, ma è una sensazione diversa da quella che vivevo soltanto pochi mesi fa. Pur di rimanere nella Champ Car ho accettato soluzioni non ottimali sia nel 2002 sia nel 2003 quando ho interrotto il rapporto con la Panoz nell'Alms per gareggiare con la PK Racing. E' stato un errore, ma all'epoca sentivo il dovere di essere a tutti i costi al volante di una Lola o di una Reynard. Per me era fondamentale. Ora invece ho capito che la cosa importante sono le persone con cui lavori e non cosa guidi. Per questo posso dire con tranquillità di sentirmi sereno, di aver perso quella bramosia di salire su una monoposto. L'altra sera ero a cena con Tagliani, Servia e Junqueira e tutti si preoccupavano di trovarmi un sedile nella Champ Car, magari a stagione avviata. Ma a loro ho detto di stare calmi, perché adesso sto bene così. Corro per Ganassi, corro per la Chevrolet ufficiale, due strutture incredibili. Che cosa devo chiedere di più? Sono stato nella Champ Car nel momento cruciale, quando la categoria era una vera alternativa alla F.1, quando vi erano fior di piloti. Ed io vincevo le gare. Ora questo periodo di gloria della Champ Car è passato, l'attuale serie è tutta un'altra cosa e non mi interessa. Uno dei miei obiettivi invece è di essere al via della 500 Miglia di Indianapolis. Ne ho parlato con Ganassi, che potrebbe schierare una terza vettura. Io e Scott Pruett, mio compagno sulla Riley-Lexus nella Grand Am, siamo stati ingaggiati da Ganassi perché siamo due piloti in grado di poter dare una mano alla squadra anche nelle altre categorie in cui è coinvolta, ovvero la Indycar e la Nascar. Dunque, spero vivamente di potere avere l'occasione di essere al via della 500 Miglia di Indy, ci tengo molto e sarei deluso se tale prospettiva non si concretizzasse».
- Poi c'è la Nascar, che è il tuo obiettivo finale. Hai sempre detto: dopo le monoposto voglio essere il primo europeo a entrare in quella serie. Ci sei vicino?
«Tornando al discorso precedente, potrei lavorare per tentare di entrare nel 2005 nel team Newman-Haas, uno dei migliori della Champ Car, ma invece preferisco concentrarmi sulla Nascar, per trovare una via che mi porti in quel mondo. In Italia non è molto conosciuto, ma vi posso garantire che è un ambiente incredibile, genuino, molto americano. Voglio essere il primo europeo a entrare nella Nascar».