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dtm Il punto della stagione 2019:<br />Audi e Rast hanno aperto la nuova era
10 Ott [15:02]

Il punto della stagione 2019:
Audi e Rast hanno aperto la nuova era

Jacopo Rubino

Doveva essere una stagione di "sopravvivenza" per il DTM, la prima senza la Mercedes, la prima per i regolamenti Class 1. Non mancavano le incognite, ma a posteriori il bilancio si può considerare positivo, per interesse e spettacolo visto. L’inizio di un altro capitolo. Il presente, intanto, sorride ad Audi e a René Rast, indiscussi campioni 2019.

La casa di Ingolstadt è partita decisamente meglio in questo nuovo ciclo, caratterizzato dal passaggio ai motori 2.0 turbo a quattro cilindri (che hanno sostituito i vecchi V8 aspirati) e da alcune semplificazioni aerodinamiche. Non a caso sono arrivate 12 vittorie su 18, e nella top ten finale ci sono ben sette dei suoi alfieri. La supremazia ha forse raggiunto l’apice a Brands Hatch, con le RS5 a occupare le prime sette posizioni in Q2. Da lì in poi, la rivale BMW non è riuscita a conquistare nemmeno un successo. "Avevamo cominciato bene, poi per vari motivi abbiamo perso competitività. Non siamo contenti, sfrutteremo questa delusione per essere più motivati il prossimo anno. Cercheremo di ottimizzare molte aree, in base alle risorse di cui disponiamo", ha promesso il ds Jens Marquardt. Dall'altro lato, in Audi si godono i frutti raccolti. "Risultati del genere non sono scontati, ringrazio tutti per il duro lavoro", ha sottolineato il capo del reparto corse Dieter Gass.

Per BMW il dispiacere maggiore è quello di non aver lottato fino alla fine per il titolo. Il salvagente è stato Marco Wittmann, che ci ha provato, ma si è dovuto accontentare del terzo posto anche alle spalle di Nico Muller. A dispetto del gap prestazionale, Wittmann ha ribadito di essere attualmente il più forte del lotto insieme a Rast, che ha comunque avuto una marcia in più su tutti i compagni di colori. Ora sono alla pari con 2 titoli, ma se la M4 sarà all'altezza, il prossimo anno, potremmo assistere ad un bellissimo confronto al vertice. Una specie di resa dei conti, sempre che non sia qualcun altro a salire in cattedra: il DTM ci ha spesso abituato a queste alternanze.

Promossi i rookie Jonathan Aberdein e Sheldon van der Linde, entrambi sudafricani, approdati con una certa frequenza in zona punti. Van der Linde, addirittura, si è tolto la soddisfazione di siglare una pole-position a Zolder. Aberdein, portacolori WRT, ha invece dimostrato che l'idea dei team clienti può funzionare, per aumentare il parco iscritti con qualità: si spera che dopo Audi, anche BMW riesca a trovare la sua formazione satellite. La questione è principalmente economica.

A dare manforte è stato inoltre l'arrivo delle Aston Martin, con il progetto orchestrato da R-Motorsport e la collaborazione di HWA, la struttura che fino al 2018 gestiva il programma Mercedes. Le coupé inglesi hanno del potenziale, ma gli esperti Paul Di Resta e Daniel Juncadella, così come i debuttanti Jake Dennis e Ferdinand Habsburg, sono stati a turno colpiti da problemi di affidabilità. A volte senza nemmeno poter prendere il via. Vero che le Vantage sono state allestite in tempi record (circa tre mesi), ma gli inconvenienti non hanno mai smesso di manifestarsi. Per impensierire davvero i due costruttori tedeschi, servirà innanzitutto risolvere questo enorme tallone d'Achille.

E infine, la tappa conclusiva di Hockenheim ha accolto le wild-card del Super GT giapponese. È stato un primo passo verso la totale convergenza tecnica fra le due categorie, dal valore più che altro simbolico: le vetture di Honda, Nissan e Lexus si sono misurate in un territorio sconosciuto, reso pure più ostico dall'utilizzo delle gomme Hankook e dalla pioggia. Sarà interessante assistere all'esperimento inverso, nella "Dream Race" al Fuji del 22-24 novembre, e all'evoluzione di questa alleanza, che richiederà però pazienza. Guidato da Gerhard Berger, il DTM vuole assumere un profilo più internazionale, meno dipendente dalla Germania, e lo conferma il nuovo calendario con sole 4 tappe su 10 dentro i confini tedeschi. Meno della metà, mai accaduto dal 2000. Nella lista, per la cronaca, c'è anche Monza.