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12 Ago [8:11]

Intervista ad Andrea Caldarelli
“Nel 2023 possibile un programma LMP2”

Mattia Tremolada

Europa, Giappone, di nuovo Europa e America. Andrea Caldarelli ha corso e vinto ovunque negli ultimi 15 anni. Prima nelle formule addestrative europee come pilota junior Toyota, arrivando ad un passo dalla Formula 1. Poi dopo la chiusura del programma ha avuto il coraggio di lasciare la GP3, in cui occupava la seconda posizione a due punti dalla vetta dopo i primi appuntamenti, per diventare professionista in Giappone sempre con Toyota e Lexus nei programmi Super Formula e Super GT, dove ha dato vita ad una splendida rivalità con un altro emigrato di lusso, Ronnie Quintarelli.

I due hanno battagliato duramente per il titolo dal 2014 al 2017, anno in cui Caldarelli ha deciso di mollare tutto per tornare in Europa, sposando la causa di Lamborghini in GT3. Nel giro di poche stagioni è riuscito a vincere i titoli più prestigiosi della categoria, imponendosi due volte nel campionato Endurance e conquistando una clamorosa tripletta nella doppia veste di pilota e team manager nel 2019. Veni, vidi, vici, per poi decidere di volare oltreoceano alla ricerca di nuovi stimoli in America, dove nuovamente si è imposto come il dominatore del rinnovato GT World Challenge America.

Ora Caldarelli è pronto a ripartire per l’ennesima volta da zero, come uno dei due piloti di riferimento, insieme a Mirko Bortolotti, del programma Lamborghini LMDh. Una novità per lui solo in parte, come ci ha raccontato in un’intervista concessaci a Spa-Francorchamps poco prima della partenza della 24 ore.



“Nel 2012 e 2013 ho già avuto un assaggio della categoria regina dei prototipi in qualità di test driver del progetto Toyota LMP1. Sono già passati dieci anni quindi non sarà facile riprendere gli automatismi di questo genere di vetture, anche se in realtà le auto che ho usato nei miei otto anni in Giappone nel Super GT si avvicinano molto a quello stile di guida. Anzi, le macchine del regolamento Class1 sono addirittura più veloci delle moderne LMP2 come tempi sul giro”.

Qual è la principale differenza che hai riscontrato nei vari continenti in cui hai corso?

“Cambia parecchio il metodo di lavoro, che rispecchia le differenti culture con cui hai a che fare. La decisione di andare a correre in America non è stata forzata, ma al tempo stesso fortemente voluta da me alla fine del 2020 perché avendo vinto tanto in Europa e in Giappone volevo mettermi in discussione in un altro contesto. Per come sono fatto, mi piace capire come funzionano i team, conoscere metodi di lavoro e le persone, per poi cercare di prendere il meglio da ogni cultura. Tra le differenze principali c’è anche un approccio molto diverso al weekend di gara. In Europa è un po’ più estremo fin dalle prove libere, mentre in America è più metodico, non c’è l’urgenza di mettere la macchina nelle prime posizioni fin dall’inizio”.

Pensi che al termine del 2019 il tuo percorso in Europa nel GT3 fosse concluso?‍

“Nel 2017 ho vinto il Blancpain Endurance e nel 2019, dopo una stagione complicata, abbiamo conquistato tutti e tre i campionati, assoluto, Endurance e Sprint. Terminata la stagione cercavo uno stimolo diverso. Nel 2020 ho vinto la 24 Ore di Daytona e avrei voluto continuare in IMSA, ma non ci sono state le condizioni per farlo. Giorgio Sanna e lo staff di Lamborghini Squadra Corse hanno tenuto presente questa mia volontà e appena si è presentata l’opportunità mi hanno chiamato”.



Alla 24 ore di Spa-Francorchamps sei presente con il team K-Pax, con cui stai dominando il GT World Challenge America. Com’è stato il loro approccio a questa sfida europea?

“In America in questi due anni abbiamo svolto un bel programma di sviluppo, anche se il tipo di gare è molto diverso. Il calendario del GT World Challenge America è composto principalmente di gare sprint, quindi l’unica cosa che abbiamo portato in dote è il set-up della Huracan e sono contento che anche qui a Spa siamo stati competitivi fin dall’inizio. Lamborghini Squadra Corse ci ha dato grande supporto e in K-Pax abbiamo avuto degli innesti da parte del team ufficiale. Inizialmente eravamo un po’ spaventati all’idea di fare questa unione e di sperimentarla direttamente in gara con sole due giornate di test alle spalle, ma ha funzionato molto bene”.

Oltre al set-up ci sono altri segreti che avete portato dall’America?

“Un esempio tecnico che mi viene in mente è la preparazione delle gomme. Abbiamo passato questi due anni a cercare di trovare un metodo per avere gli pneumatici sempre alla stessa temperatura e sempre alla giusta pressione, un aspetto fondamentale specialmente con la mescola in suo quest’anno. Abbiamo trovato un sistema che funziona molto bene grazie ad un duro lavoro ed al fatto di avere molte persone a disposizione (in un team americano ci sono il 30% di addetti in più rispetto and una squadra europea)”.

Sei molto attento al funzionamento delle squadre, ti manca la doppia veste di pilota e team manager?

“Mi manca in parte. Quando avevo questo doppio ruolo ho sempre detto che l’importante è che quando salgo in macchina non penso più a quello che succede intorno. Fino a che sono riuscito a dividere le due cose ho mantenuto questo doppio ruolo, ma dopo aver vinto i titoli nel 2019 la squadra si è ingrandita molto ed è stato sempre più difficile coniugare la doppia veste. Al momento sono contento di salire in macchina e pensare solo a guidare, ma devo dire che le sensazioni che provavo nel ruolo di team manager mi mancano. Credo che quando finirà il mio talento, tornerò a rivestire questo ruolo”.



Quali obiettivi vi siete posti per la stagione d’esordio del programma LMDh?

“Credo che sia una situazione molto simile a quella già vissuta da Lamborghini all’inizio del programma GT3, quando sono sbarcati in un campionato molto competitivo e popolato da diversi costruttori con progetti già avanzati. La filosofia di Lamborghini è quella di preparare una macchina da corsa vincente. Quindi fin dall’inizio correremo per il successo assoluto. Non sarà certamente facile dal momento che le classi Hypercar e GTP saranno estremamente competitive nel 2024, con un livello di costruttori e piloti secondo solo alla Formula 1”.

Qual è il prossimo passo del programma LMDh?

“In fase di studio c’è un progetto per prepararsi al meglio e incamerare un po’ di esperienza, magari disputando una stagione in LMP2. Ci stiamo lavorando, ma non c’è ancora niente di definito”.

E qual è il piano per il 2024?

“Parteciperemo a WEC e IMSA, ma la divisione dei piloti è ancora da definire. Mi piacerebbe sicuramente correre in un equipaggio tutto italiano. Nel 2023 invece, sarò sicuramente ancora al via delle più prestigiose corse GT3, in quanto la categoria è ancora molto importante per Lamborghini. È una classe che mi ha dato molto e in cui mi diverto e che non voglio assolutamente abbandonare”.



Quest’anno il GT World Challenge è sotto la lente di ingrandimento data la presenza di Valentino Rossi al via. Come giudichi il debutto della leggenda del motociclismo?

“Credo che per essere il primo anno nel GT World Challenge, forse la categoria più difficile che potesse scegliere, stia andando piuttosto bene. Abbiamo visto fin dai test invernali che velocità e talento non mancano, ma ci sono più di 20 equipaggi composti interamente da piloti professionisti che conoscono molto bene questa categoria e le vetture GT3. Sono curioso di vedere cosa riuscirà a fare nella seconda parte di stagione, perché dopo la 24 ore di Spa-Francorchamps, generalmente c’è un cambio di mentalità. A me è successo nel 2017 alla prima stagione in GT3. Nella prima parte dell’anno non mi aspettavo nulla di più da un pilota che, tralasciando quello che è stato ed ha rappresentato nel motociclismo, è un Silver alla prima stagione in GT3”.