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dtm Italiaracing intervista Zanardi<br />"Correre a Misano &egrave; una follia vera"
10 Ago [14:24]

Italiaracing intervista Zanardi
"Correre a Misano è una follia vera"

Stefano Semeraro

«Sono un po' cotto, ma va bene». Alex Zanardi è rientrato dai mondiali di hand-bike e subito si è rimesso la tuta da pilota per testare a Vallelunga la BMW M4 DTM per la gara di Misano. In uno dei pochi momenti liberi fra i due impegni, c'è stato il tempo per fare quattro chiacchiere su tanti temi, partendo ovviamente dalla nuova avventura in cui, per la prima volta, Alex si troverà ad azionare tutti i comandi grazie al volante, e non utilizzerà le protesi alle gambe.

Alex, come è nata questa nuova soluzione?
«Tutto comincia dal fatto che in cantiere c'è il progetto Daytona 2019. Per me, nelle gare di durata, stare a lungo in un abitacolo che raggiunge temperature altissime è una sofferenza, perché le protesi ovviamente non traspirano e mi causano ancora più disagio. Alla 24 Ore di Spa del 2015 ero l'anello debole, non tanto per le prestazioni, ma perché per me era impossibile rimanere a lungo nell'abitacolo come hanno fatto Timo Glock e Bruno Spengler. Gli ingegneri BMW che stanno curando il progetto 2019 mi hanno chiesto come potevano aiutarmi, e la risposta è stata semplice: bisognerebbe provare a guidare senza protesi. Un tempo, quando guidavo nel WTCC, era una soluzione impensabile, impegnato come ero con il cambio manuale, ancora con la griglia a H. Oggi invece, GT e macchine da corsa in generale hanno quasi tutte cambi servo-assistiti, quindi l'ipotesi è percorribile. L'avevo già provata su una M6 modificata, e il primo test, sorprendentemente, era andato subito in maniera soddisfacente, quando è nata l'idea di una gara nel DTM non ci è voluto niente a decidere, abbiamo solo trasportato a bordo il lavoro già fatto».

L'assenza di protesi non è un problema in caso di emergenza?
«Sono sempre riuscito a passare i test della FIA, che peraltro sono abbastanza elementari, per quanto riguarda entrare e uscire dall'abitacolo in determinati tempi. Senza le protesi sono un gatto: non ho perso nulla, anzi, sono più agile perché non devo trascinarmi dietro con le mani il loro peso».

È una soluzione che potrà diventare utile anche agli automobilisti disabili che guidano tutti i giorni in strada?
«Non si può ancora estendere in modo diretto, ma concettualmente sì. Credo che le mie sfide siano servite da ispirazione. BMW ha già esteso i propri corsi di guida alle persone con disabilità, e stanno pensando di standardizzare certi dispositivi per omologare in origine le vetture in modo che siano utilizzabili anche dalle persone con disabilità. È l'ennesima spinta ad un meccanismo che sta iniziando a muoversi e che offre più possibilità. Del resto Frederic Sausset a Le Mans ha guidato senza i quattro arti e 15 anni fa la FIA si sarebbe messa a ridere solo all'idea. Il mio essere pioniere ha aperto indirettamente la strada ad altri. A Billy Monger oggi viene chiesto di fare tempi da qualifica, non di essere semplicemente un personaggio. E siccome va forte, gli si aprono strade che un tempo che nessuno avrebbe mai immaginato».

Ti senti anche un 'laboratorio'? Il tuo fisico e le tue competenze potrebbero aiutarci a capire come integrare sempre più corpo e tecnologia in futuro?
«Rispondo a questa domanda perché me la fai tu. No, e non perché non mi sento di muovermi in un ambito in cui la tecnologia ha la sua importanza. Ma la mia vera forza è stata di non abbandonare mai la curiosità, quella che prima mi fa decidere cosa voglio fare, dove voglio arrivare, poi chiede alla tecnologia una scorciatoia per arrivarci. A volte siamo schiavi della tecnologia, ci mettiamo in fila nei negozi di elettronica senza neanche sapere cosa si vende, come se non potessimo vivere senza di essa. La tecnologia è una benedizione quando è asservita alla curiosità. Io volevo continuare a guidare, ho provato in un modo e non mi riusciva, così ho ne provato un altro. Poi, devo dire grazie alla BMW, perché senza di loro sarebbe stato più difficile, ma è stata mia la visione e me ne prendo arrogantemente il merito, perché so di averlo. Non penso di essere il miglior pilota del mondo di tutti, ma so di poter vincere, perché l'ho fatto in passato. Mi serviva solo un modo nuovo di spingere i bottoni...».

Più difficile pensare alle modifiche della hand bike o del volante?
«Ormai ho avuto dalla vita in dono tante di quelle opportunità che so come si accorda lo strumento. Che si parli delle quattro ruote dell'auto o delle dell'hand bike, alla fine il modus operandi è lo stesso. Io ci provo, e a volte magari mi riesce anche».

Più difficile da mettere a punto il corpo o la mente?
«Senza dubbio la mente. Però la mente da sola non basta. Sono reduce da un Mondiale di paraciclismo nel quale ho preso tante 'legnate' che me le ricorderò a lungo. A livello di gestione delle gare sono molto più forte adesso, però fisicamente ero meglio quando avevo 25 anni...».

Non sei l'unico... Nel tuo futuro ci sono i Giochi Olimpici di Tokyo nel 2020?
«Sai, a volte la gente vuole vedere nelle mie parole più saggezza di quella che c'è (e se la ride, ndr). Però, è vero che nella vita per me è ancora più importante dire che ci ho davvero provato, piuttosto che ci sono riuscito. Mi diverto molto a fare quello che sto facendo, e paradossalmente nel dire certe cose sono più credibile oggi, che ho perso un Mondiale, che quando tornavo a casa con tre medaglie olimpiche al collo. È una gran cosa per me che sia questa la notizia, che Zanardi torna senza un oro, perché dimostra che io mi batto comunque, indipendentemente dal risultato. L'altro giorno ho corso una crono di 27,6 km, su un tracciato molto tecnico, pieno di salite a forza di braccia, ai 41 km/h di media. E ho preso un minuto di distacco. Certo, io l'ho persa, ma gli altri hanno fatto quello che serviva per vincerla. Insomma, per risponderti, è una sfida molto affascinante, a Tokyo proverò ad andarci, poi vada come vada».

Hai altre sfide in mente?
«Guarda, la follia vera è Misano. Il DTM è il campionato più competitivo al mondo. Se salissi sulla Ferrari di Vettel e prendessi un secondo da lui che fa la pole, resterei molto probabilmente fra i primi dieci. Nel DTM, con Audi, Mercedes e BMW che mettono in pista auto dalle prestazioni molto simili, guidate da piloti super professionisti, in mezzo secondo c'è tutto lo schieramento. Io, a parte il problema delle protesi, ho un deficit di esperienza specifica rispetto a chi nel DTM ci corre da anni, quindi pensare di stare in mezzo al gruppo per me è pura utopia. Però, chi se ne frega. È una macchina bellissima e la voglio provare, anche se l'unica altra macchina che riuscirò a mettermi dietro in gara probabilmente sarà la safety-car».

All'ingegner Dallara, che conosci e con cui collabori da tanto, piacerebbe l'idea di vedere corse per macchine autonome, e di un futuro in cui i dati della macchina e della gara siano a disposizione del pilota proiettati dentro la visiera: condividi?
«Guarda proprio vent'anni fa ero qui a parlare con un amico, che guarda caso è con me anche oggi, e ci chiedevamo: ormai cosa altro possiamo inventare? Invece, pensa a quanto sono cambiate le cose in vent'anni. Speriamo solo che il futuro non ci travolga, che non ci cambi troppo, in parte è già accaduto. Ogni generazione del resto ha i suoi romanticismi. Io guardo mio figlio, sempre col telefonino in mano, e gli dico: eh, noi alla tua età giocavamo per strada.... Forse siamo noi che sbagliamo. L'ingegnere è un uomo importantissimo nella mia vita, gli voglio un bene dell'animo. Si è messo a disposizione per farmi la bici per Tokyo, prima però mi deve venire in mente qualche idea...».

Qual è il traguardo che vuoi ancora raggiungere?
«Be', nella vita io ho avuto soprattutto molta fortuna, anche se qualche merito forse in fondo ce l'ho anch'io. La gente cerca ispirazione e la trova in me, ed è bellissimo. Ma è più importante quello che vedono loro in me, di quello che sono io in realtà, non so se mi spiego. La verità è che io vivo qui adesso. Vivo la mia vita senza frustrazione, non ho più l'ansia di aggiungere altre cose. Ma se vedo una opportunità me la prendo, almeno ancora per un po'».

Parliamo di Formula 1: ti piace il nuovo corso di Liberty Media, meno tecnologia e più spettacolo?
«Per giudicare bisognerebbe avere delle competenze che non possiedo. La F1 è stata sempre incredibilmente appassionante per i fan, e per chi come me ha avuto la fortuna di correrci, ma anche in F1 ci sono aspetti che non aumentano il piacere di chi guarda o di chi corre, ma incidono solo sul portafoglio di chi la deve finanziare. La linea di pensiero, molto americana, di favorire lo spettacolo cercando di ridurre i conti è un ragionamento di buonsenso che si sarebbe dovuto fare ben prima dell'arrivo di Liberty Media. Qualcuno dice che gli americani la fanno troppo facile, ma io non ci sono dentro, e qui mi fermo. La FIA certo ha spinto molto su questi motori, complicati e costosi, per allinearsi alla produzione, dimenticando forse che lo sport è soprattutto uno spettacolo per chi paga il biglietto. Non so se questa tendenza abbia contribuito più a spillare lacrime e sangue a chi deve tirare fuori i soldi, piuttosto che a fare contento chi vive di suono e di staccate a ruote fumanti. Se ne potrebbe parlare per ore»

La Ferrari riuscirà finalmente a vincere il Mondiale, o toccherà ancora alla Mercedes e ad Hamilton?
"Alla fine il fattore umano, gli errori di Vettel, a volte contano ancora più della tecnologia e delle strategie... Alla Ferrari mi sembra che manchino parecchi punti. Possiamo parlare di sfortuna, di piccoli errori, ma di sicuro il team ha tutto per riuscire a ribaltare la classifica. Non dico il pronostico, perché nessuno sarebbe stupito se la Ferrari quest'anno vincesse. Certo, quando vedo un pilota come Ricciardo che viene ignorato da tutti, e preso all'ultimo dalla Renault, oppure penso alla vicenda di Leclerc, che mi sembrava scelta ovvia per il talento che ha... Per carità, Raikkonen è un grande campione, ma certi investimenti vanno fatti al momento giusto. In F1 oggi sono tutti bravissimi, però Hamilton è anche quello che ha sbagliato di meno, anzi, se vogliamo è stato vittima più lui di episodi sfortunati degli altri. Eppure in testa c'è lui».