24 Mar 2008 [16:17]
Il Tema del Lunedì
Quel podio senza... piste e valigia
Non è una novità, non lo scopriamo certo oggi, ma quel podio del GP della Malesia ha lanciato un messaggio importante ai giovani che vogliono avvicinarsi al mondo delle monoposto. Non è importante essere ricchi per arrivare in F.1, non è necessario vivere in Paesi dove le corse in macchina sono all'ordine del giorno. Questo suggeriva l'abbraccio tra Kimi Raikkonen, Heikki Kovalainen, Robert Kubica. Se ci siamo noi quassù, potete esserci anche voi. Due finlandesi e un polacco hanno scritto la storia del GP malese 2008.
Due nazioni che non hanno nulla da offrire al mondo delle corse per quanto riguarda la velocità in pista. Non hanno impianti permanenti adeguati, una Federazione che li segue con concretezza, un bacino di sponsor dal quale prelevare finanziamenti. Non hanno team di rilievo, costruttori, Case automobilistiche. Niente di niente. Certo, la Finlandia dagli anni Ottanta in avanti è sempre stata decisamente prolifica per quanto riguarda i campioni del volante, non di rally ovviamente, dove già abbondano. Keke Rosberg, Mika Hakkinen, JJ Lehto, Mika Salo, arrivano da lassù, ma ogni volta bisogna gridare al miracolo.
Perché nonostante la Finlandia conti quattro titoli mondiali di F.1 conquistati, nessuno ha mai pensato di organizzarvi un Gran Premio, come meriterebbe un Paese che vanta un simile palmares. Bernie Ecclestone se ne frega della Finlandia. E così non si è mai ragionato per costruirvi un autodromo vero. L'unica volta che la Finlandia ha ospitato delle gare internazionali è stato grazie al DTM-ITC che nel 1995-1996 vi portò le proprie vetture in compagnia della F.3000 Internazionale. Accadde a Helsinki, la capitale, nella cui zona industriale fu ricavato un tracciato.
E così, tutti i piloti finlandesi sono costretti ad emigrare in Gran Bretagna (vedi il giovane Atte Mustonen) per muovere i primi passi o anche in Italia dove lo scorso anno Mika Maki ha vinto il titolo della F.Renault 2.0. Ragazzi che non navigano nell'oro, ma che devono vivere lontano dalle comodità famigliari, dagli amici, e che per questo crescono più in fretta ed hanno qualcosa in più da spremere rispetto ad altri coetanei.
Tutti sanno che Raikkonen da ragazzino, se voleva andare in bagno, doveva uscire di casa e attraversare un cortile. Che Kovalainen ha iniziato tardi con le monoposto perché non aveva i soldi. Il loro pregio? Andare subito maledettamente forte tanto da convincere persone esperte che lavorano nell'ambiente a scommettere su di loro. E oggi sono là: Kimi con il numero 1 stampato sulla sua Ferrari, Heikki che guida la prestigiosa McLaren.
Poi c'è il polacco, Kubica. Una rarità. Il ragazzo di Cracovia che lascia la propria città ancora 15enne per andare vivere in Italia, da solo, con pochi soldi in tasca, nella patria del karting. Sveglio, furbo, intelligente, Robert impara l'italiano in fretta, vince gare a ripetizione finché qualcuno non lo nota e lo consiglia a un manager che accetta la sfida. Un percorso lungo, difficile, tortuoso, quello di Kubica. Ma tutto sembrava ampiamente già scritto.
Quel podio di Sepang rimarrà nella storia perché insegna che non è importante avere alle spalle le strutture di un Paese per raggiungere l'olimpo della F.1. L'unica cosa che conta è sapere andare maledettamente veloci, saper capire chi sono le persone che ti possono appoggiare seriamente fin dal primo giorno, saper soffrire davanti ad ogni tipo di difficoltà, saper fare le giuste scelte per quanto riguarda le categorie in cui correre. Chi possiede queste quattro doti, salirà su un podio di una F.1 che da qualche anno è una delle più meritocratiche della propria storia.
Massimo Costa
Immagine Ideaplan