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5 Ago [18:23]

Un successo che stordisce
Qual è il segreto dell'elettrico?

Massimo Costa

Le monoposto sono brutte, sono lente, sono maledettamente silenziose. E corrono in circuiti cittadini i cui tracciati sono spesso improbabili, brevi, piatti, creati non certo per esaltare le qualità dei piloti. Eppure, è diventata la categoria nella quale tutti i grandi costruttori vogliono investire, esserci, giocarsela. Non le avremmo dato più che due anni di vita alla Formula E, una delle tante serie che nascono e poi spariscono. Invece, avevamo torto. Alejandro Agag si è rivelato il Bernie Ecclestone della Formula E, forse ancora meglio del "grande vecchio", riuscendo a coinvolgere nelle competizioni elettriche una serie di costruttori inimmaginabili. Certamente grazie alla spinta della FIA e del suo presidente Jean Todt, alleato numero uno di Agag.

Lascia storditi vedere la Mercedes che abbandona il suo DTM, lasciandolo agonizzante, per entrare nella Formula E. Fa impressione constatare come la Porsche abbia deciso di lasciare dopo pochi anni l'Endurance per la serie elettrica. E anche qui, lasciando sicuramente dietro di sè le macerie del campionato FIA WEC che ancora doveva riprendersi dall'addio di Audi avvenuto alla fine del 2016. Ma si sa, nella storia delle corse i costruttori hanno sempre fatto il bello e il cattivo tempo in ognuna delle categorie alle quali hanno partecipato. La vera sorpresa è che, come una calamita, tutti finiscono nella Formula E. Attratti da questa tecnologia che permette ai costruttori di esplorare nuovi limiti, nuovi confini, dove con le semplici vetture stradali non sarebbero probabilmente mai arrivati in periodi brevi.

A non far storcere il naso e la bocca agli amministratori delegati delle Case automobilistiche, è anche la voce costi. Molto bassi rispetto a quelli da far girare la testa del WEC (non meno di 200 milioni di euro), della F.1 eccetera. Con la Formula E non si superano i 20 milioni di investimento. Bisognerà avere pazienza per vedere all'opera Mercedes e Porsche, che debutteranno nel campionato 2019/2020 mentre la BMW (già, ci sarà anche lei, ma lo aveva annunciato diversi mesi fa) entrerà nella stagione 2018/2019 con la gestione in pista del team Andretti. Tra l'altro, per quel campionato dovrebbe essere eliminato il cambio vettura a metà gara, un'altra di quelle storture che non ci fanno amare la Formula E.

La risposta mediatica della serie di Agag, nonostante il gran lavoro di promozione che vi è dietro dal 2014, anno della partenza della Formula E, non è così devastante come si pensava. Nel mondo, basse le audience televisive, limitato lo spazio sui giornali specializzati, limitatissimo sui quotidiani sportivi, infinitesimale il reale interesse degli appassionati. Sia ben chiaro, la Formula E non infastidirà mai la Formula 1, non sarà mai neanche da ritenere una sua alternativa. La Formula E è, e sarà sempre qualcosa di molto professionale, ma che rimarrà incastrata nella nicchia che si è creata.

Di certo, appetibile per i piloti in uscita dalla F.1 o che il Mondiale non sono riusciti a raggiungerlo. I contratti di ingaggio sono notevoli, si va da 300mila euro in su. Non male proprio. E con l'aumento del numero dei costruttori, probabilmente le cifre verranno ritoccate verso l'alto. Il livello dei piloti attuale, della stagione appena conclusa, è di qualità in quanto ha annoverato otto piloti ex F.1 più cinque che pur non avendo corso nel Mondiale hanno svolto test o sono stati tester. Poi, piloti vincenti nella GP2, GP3, Formula 3, F.Nippon, World Series Renault, Indycar. Per farla breve, non si scherza proprio.

Riepilogando, il campionato 2019/2020 (se non si verificheranno ritiri repentini da parte di qualche Casa automobilistica) avrà al via Audi, BMW, Citroen DS, Jaguar, Mahindra, Mercedes, Porsche, Renault. A queste si aggiungono i costruttori di macchine elettriche come Venturi, NexTev, Faraday Future.

La prima stagione, 2014/2015, era partita con tre costruttori ad affiancare le squadre private: Audi e Renault oltre alla indiana Mahindra. Vi era un monotelaio Spark e propulsori Renault per tutti. Poi, le cose sono cambiate, ognuno si è fatto il proprio powertrain e nel 2015/2016 si è aggiunta la Citroen col marchio DS oltre al NexTev subentrato al China Racing campione con Nelson Piquet. Nel 2016/2017 ecco la Jaguar e il Faraday Future unitosi al Dragon Racing del figlio di Roger Penske, presente fin dalla prima annata. I tre campioni sono stati Nelson Piquet, Sebastien Buemi e Lucas Di Grassi.

Il calendario 2017/2018 conferma Hong Kong, Marrakech, Città del Messico, Parigi e Montreal. In via di definizione, Berlino e New York. Non ci saranno Buenos Aires e Montecarlo mentre entreranno Santiago del Cile, San Paolo e Roma. Tante le città toccate dalla Formula E nei suoi tre anni di vita e che poi sono uscite dal calendario. Ricordiamo Pechino, Putrajaya, Punta del Este, Miami, Long Beach, Mosca, Londra. E chissà ancora quante ne arriveranno.