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22 Dic [16:52]

Intervista a De Bellis/Tatuus
"Il futuro è adesso"

Stefano Semeraro

Gianfranco De Bellis è assieme ad Artico Sandonà la Tatuus, ovvero uno dei più grandi costruttori italiani di monoposto, che ha monopolizzato le serie minori come la F.Renault, la F.4 ed è recente lo sbarco in USA nella Pro Mazda e USF2000.

Gianfranco De Bellis, il 2017 è stato un altro anno di soddisfazioni per Tatuus. Qual è il suo bilancio?
«Un bilancio sicuramente positivo. Tutto è andato bene per noi, con il debutto negli USA della Usf-17 che era il passaggio più importante dell’anno. I team sono stati molto contenti del prodotto, ora siamo in attesa della PM-18, la sorella maggiore che debutterà nel 2018. Per quanto riguarda la Formula 4 la serie italiana si è chiusa con successo a Monza, il campionato arabo a fine dicembre partirà con la sua seconda stagione, e anche le altre serie si sono concluse dopo un'annata più che soddisfacente, come pure la Formula Renault che ha vissuto il suo ultimo appuntamento a Barcellona confermando di essere un campionato di qualità come Renault ha sempre dimostrato di saper offrire in questi anni».

Ci può parlare in particolare di come siete stati accolti negli States?
«Per noi è una grande soddisfazione fare parte di una filiera prestigiosa come la Road to Indy, e l'accoglienza è stata molto buona. La USF2000 è la prima delle tre categorie preparatorie alla IndyCar e ci ha dato ottimi risultati in termini di affidabilità, prestazioni, contenimento di costi: lo abbiamo riscontrato anche confrontandoci con team e organizzatore. Nel 2018 ci attende un passo ancora più importante, con l'evoluzione della USF-17 ovvero la PM-18. Abbiamo già svolto diversi test, e il fatto che la base della Pro Mazda sia la USF-17, con più potenza, più carico aerodinamico, gomme più grandi, ma stessa componentistica meccanica, già sperimentata e che non ci ha dato problemi, rappresenta una sicurezza in più. Abbiamo già consegnato 15 vetture ai team che hanno partecipato ai test di inizio ottobre a Indianapolis e anche in questo caso abbiamo avuto risposte più che buone su affidabilità e prestazione. Il fatto che le due vetture che completano la filiera nella Indy Lights e nella IndyCar siano vetture di successo, prodotte da Dallara, ci sprona ulteriormente. Anche noi nel nostro piccolo vogliamo fare bella figura, e credo che ci stiamo riuscendo».

Passiamo ai prototipi, dove la macchina che avete costruito in collaborazione con Norma si sta comportando più che bene...
«Un'altra esperienza importante. Il fatto che un costruttore con cui abbiamo combattuto in pista da avversari, si sia affidato a noi per costruire una LMP3, una categoria dove altri costruttori di livello come Ligier erano già presenti, ci ha trasmesso grande soddisfazione, ma anche molta responsabilità, spingendoci a dare il massimo. La Norma si è imposta come vettura più veloce già nel primo anno, nonostante l'avventura fosse partita in ritardo e con una sola vettura, quindi con la possibilità di raccogliere meno dati. Ha vinto il campionato Road to Le Mans by Michelin e il campionato Imsa, più alcune gare nell'European Le Mans Series. La bonta del 'pacchetto' ha sorpreso molti e questo credo potrà portarci benefici sotto forma di consulenze, un tipo di commissione che a noi interessa, fra l'altro in un segmento che si può sviluppare in maniera interessante».

Per la Formula 4, categoria di grande successo, sono in vista novità?
«Per la Formula 4 siamo quasi ai quattro anni di vita, cioè quasi al termine del primo ciclo che la FIA ha ipotizzato in 6 anni, anche se forse ci sarà una proroga, con nuovi regolamenti in fatto di sicurezza. La Formula 3 e la Formula 3 Regional con tutta probabilità avranno un pacchetto sicurezza molto avanzato. L'Halo, che si vede subito, ma anche nuovi crash test, una lunghezza maggiore, pannelli anti-intrusione, coni laterali di assorbimento, insomma tanti componenti che non si notano di primo acchito. Anche la Formula 4 dovrà seguire questo nuovo regolamento, e come sappiamo spesso partire da zero con un nuovo regolamento è più facile che adattarsi partendo da regole già esistenti. Vedremo. Per ora la FIA ci ha chiesto una analisi per sapere cosa si può fare realmente, e a che costi».

Dal punto di vista sportivo siete soddisfatti del 2017 della Formula 4?
«I campionati hanno subìto una flessione per quanto riguarda i numeri, ma è anche vero che oggi ci sono più campionati, dodici in totale, e non tutti possono avere un successo travolgente come quelli italiano o tedesco, ci sono aree più difficili da penetrare. Quello che abbiamo visto però, è un innalzamento enorme delle prestazioni di team e piloti. Nel campionato italiano quest'anno si potevano contare più di venti vetture racchiuse in meno di un secondo. E questo ha portato alcuni team minori o addirittura amatoriali, a non reggere più il confronto con le strutture importanti e con il tipo di preparazione che i piloti oggi richiedono alle squadre. Paradossalmente, se si bloccasse tutto, limitando test e chilometraggio, la serie non raccoglierebbe l'interesse da parte di piloti che arrivano dal kart con una preparazione già seria. Sono in tanti ormai che chiedono soprattutto di accumulare chilometri. E nell'automobilismo la preparazione ha un costo».

Oggi ormai esiste una strada ben precisa tracciata dalla FIA che porta dal kart. Una strada che funziona?
«La filiera, la piramide che la FIA aveva in mente 4-5 anni fa, si sta completando ed ormai è ben chiara anche nella mente dei piloti. Nel 2019 si chiuderà il cerchio con la Formula 3 internazionale, che nascerà dall'unione fra GP3 e Formula 3 europea, mentre la Formula 3 Regional dovrà rappresentare un passaggio più adeguato, ben modulato, fra Formula 4 a Formula 3 internazionale. Rispetto a qualche tempo fa, quando c'erano più categorie allo stesso livello, con una struttura orizzontale, oggi il panorama sta diventando più verticale».

Che impressione le ha fatto il mondo delle corse americane? Che cosa l'ha sorpresa di più?
«È un ambiente meno esasperato, soprattutto dal punto di vista umano. Nelle diverse gare a cui sono stato ho visto meno isterie da parte di team e piloti. Negli USA il pilota accetta il risultato, sa che deve crescere. L'obiettivo è raggiungere la IndyCar, dove non c'è la frenesia, come in Formula 1, di essere campioni già a 18 anni. I piloti in America sanno che con la giusta preparazione possono arrivare al top anche a 23-24 anni, quindi vivono in maniera più soft la carriera. Ovviamente tutti vogliono vincere, ma se un ragazzo da noi non vince subito pensa inevitabilmente: 'non posso perdere un anno, devo cambiare team'. Lì è tutto più equilibrato. Tantissimi anni fa in Europa sapevi che ti attendevano 2-3 anni di apprendistato, oggi se non sei immediatamente nei primi tre è una tragedia. Mi ha sorpreso il grande supporto da parte dei media e degli sponsor che ha la Road to Indy. Nell'ultima gara a Watkins Glen, con la festa finale delle tre categorie, sono stati distribuiti 3,3 milioni di dollari di premi ai piloti. I team sono abituati a osservare da vicino il kart e da lì prendono i migliori. Durante il party ero al tavolo con il presidente della Mazda, mi ha detto che per loro il motorsport è fondamentale per veicolare messaggi commerciali. Ci tengono veramente a far vedere che sono al fianco dei giovani, ma sostengono anche i gentleman driver con un entusiasmo sincero che mi ha lasciato allibito».

La grande popolarità della Formula Renault non sembra conoscere flessioni. Che ne pensa?
«Fa sempre piacere. La Formula Renault ha vissuto un altro anno importante, con numeri validi. Merito di Renault che ha capito esigenze di piloti e team adattando di conseguenza il formato. Prima con tre campionati guardavi i calendari e non capivi mai bene chi correva e quando. Alcuni piloti si trovavano costretti a fare due campionati. Oggi è stato creato un europeo con 10 eventi, tutti su piste da Formula 1 o quasi, con la ciliegina della gara a Monte-Carlo. Finita la Formula 4 il passaggio verso la Formula 3 comportava un salto notevole, e richiedeva un budget anche 3 o 4 volte più alto. Renault si è posizionata in una fascia ottimale. Ha capito ciò che serviva, ottenendo un successo enorme, infatti è uno uno dei pochi campionati con una grande stabilità di team e piloti; anche chi non ha ottenuto risultati straordinari continua a frequentare la F.Renault. Del resto sono tutti team di primo livello, vince magari chi azzecca i piloti, ma tutti hanno una possibilità. Questa è forza della categoria».

Fondamentale oggi è il contenimento dei costi, che però deve unirsi a buone prestazioni e grande sicurezza. La strada giusta?
«È giusto che la FIA spinga in questa direzione. Intendiamoci, la Federazione non ti obbliga a fare la Formula 4, non ti punta una pistola alla tempia. Però, sta alzando l'asticella, e fa bene, perché i costi devono essere ridimensionati. La Formula 3 era arrivata a costare 800 mila euro, quasi un milione, mentre è possibile fare macchine formative veloci, sicure, con costi molto minori».
gdlracing